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UNA QUESTIONE DI CUORE, NON DI TESTA

19 settembre 2018

img_20180916_183623-resizedDomenica 16 settembre si è svolta, presso il Circolo Arci L’Albero del Pepe a Pontedera, la presentazione del libro “Mimì Capatosta – Mimmo Lucano e il modello Riace” alla presenza dell’autrice Tiziana Barillà, organizzata da ARCI Valdera e Rete per l’Economia Solidale della Valdera. Una bella occasione per scoprire la straordinaria esperienza di accoglienza e integrazione che da ormai 20 anni ha posto questo piccolo comune del sud Italia al centro dell’attenzione internazionale.

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Abbiamo scelto di lasciare parlare il cuore anziché le paure”. E’ in questa  frase, visibile sulla quarta di copertina del libro, che si racchiude il senso profondo della straordinaria esperienza di Riace, piccolo Comune della locride che da ormai vent’anni sperimenta un sistema di accoglienza degli immigrati che ha contribuito alla rinascita del paese. Tiziana Barillà, nelle circa due ore di incontro, ha raccontato bene la nascita, quasi casuale, di questo percorso. La “scintilla” fu l’arrivo improvviso, nel 1998, di un barcone (un veliero) carico di circa 300 profughi curdi: uomini, donne e bambini in fuga dalla guerra e alla ricerca di una nuova speranza.

img_20180916_183629-resizedDomenico Lucano fu tra coloro che accorsero per primi e che nelle settimane successive aiutò a sistemare e sfamare questi profughi. Ma anziché vedere un problema nell’arrivo di queste persone, intravide subito una grande opportunità per un paese come Riace che si stava progressivamente spopolando, mettendo a rischio anche la permanenza di servizi essenziali alla vista di comunità (in primis la scuola). Ancora oggi afferma che deve “ringraziarli perchè hanno ridato vita al nostro paese che stava morendo”.

Il sistema Riace, che è stato studiato da diverse università europee, da allora ha visto ospitare persone di diverse nazionalità in case abbandonate di persone ormai emigrate in Argentina o in America, e da lì è partito un sistema che si basa su due strumenti, i bonus e le borse lavoro che permettono di usare in maniera diversa i 35 euro giornalieri stanziati per i migranti. Nel piccolo borgo calabrese ci sono 500 profughi su una popolazione di 1800 abitanti; grazie a questa accoglienza il paesino ha sviluppato attività di microeconomia basata su attività di artigianato: un laboratorio di ceramica e uno di tessitura, un bar, una panetteria e una scuola elementare, ed è stato riattivato il servizio di raccolta differenziata. Un territorio che è letteralmente rinato e da paese di emigranti è diventato paese di immigrati che sono diventai parte integrante della popolazione locale.

img_20180916_183648-resizedTiziana ha sottolineato come il “modello Riace” scompagini la consueta vulgata (e gli stereotipi) nei confronti degli immigrati, considerati rifugiati e prima emergenza nazionale. Nella Locride è la comunità locale che cerca, accoglie e ringrazia gli ultimi arrivati. E per la prima volta i migranti sono messi nella condizione di ricreare un tessuto urbano e cittadino fatto di relazioni e avviamenti per una serie di lavori che ricreano un’attività economica. Sostenuto con i progetti e i fondi europei per le politiche di accoglienza (S.P.R.A.R.), questo sistema ha consentito la creazione di circa 80 nuovi posti di lavoro fra mediatori culturali e addetti alla logistica.

Questa originale politica di accoglienza ed integrazione è stata affiancata nel corso degli anni da una politica complessiva volta alla tutela dei beni comuni e alla messa in atto di buone pratiche di economia solidale. Ad esempio, per sopperire ai cronici ritardi nei pagamenti da parte del Ministero, è stata creata una sorta di moneta locale che consente di garantire le piccole spese all’interno del circuito economico locale (negozi, botteghe, ecc.); elaborate in vari “tagli”, queste monete riportano le immagini di Gandhi, Pasolini, M. L. King, Peppino Impastato, Che Guevara.

Per non parlare della realizzazione di un pozzo comunale, che preleva acqua da una sorgente presente sul territorio, che ha consentito a Riace di staccarsi dalla Sorical Spa, gestore del servizio idrico calabrese, e gestire in proprio la propria acqua, azzerando di fatto le bollette per tutti i cittadini; un acqua, quindi, davvero bene comune, nel pieno rispetto dei referendum del 2011.

img_20180923_234104-resizedTiziana ci ha raccontato che a Domenico Lucano non piace l’appellativo “Capatosta“, scelto per il titolo suo libro; perché, dice Lucano, rischia di restituisce un immagine falsa dell’esperienza di Riace, che non è legata semplicemente al suo impegno personale ma è la storia di un “percorso di rinascita collettivo“, di una comunità nel suo insieme. E perché le scelte politiche e amministrative applicate a Riace in tutti questi anni non sono state frutto semplicemente di “testa“, ma soprattutto di “cuore“, della consapevolezza di appartenere al genere umano e che questo significa naturalmente esprimere empatia e solidarietà per l’altro.

La scrittrice ha anche accennato alle fasi e gli aspetti salienti della contrapposizione sorta a Riace nel 2016 fra l’amministrazione, la comunità calabra e le istituzioni centrali del governo italiano. Uno scontro riemerso proprio nelle scorse settimane, che ha spinto l’attuale Ministro dell’Interno Matteo Salvini a bollare il Sindaco di Riace definendolo uno “zero“. E questo nonostante il suo progetto sia ormai diventato popolare a livello mondiale, anche grazie alla rivista americana Fortune che nel 2016, stilando la consueta classifica annuale dei cinquanta uomini e donne più influenti nel mondo, fra Obama, Papa Bergoglio, Angela Merkel e i più noti profili, ha inserito al quarantesimo posto, come unico italiano, proprio il Sindaco di Riace Domenico Lucano. Motivazione? Essere riuscito ad applicare, nell’estremo sud d’Italia, quella che Lucano stesso definisce “l’utopia della normalità”.

Ma oltre a questo sono ormai decine le università di tutto il mondo, gli studiosi e gli intellettuali che nel corso degli anni sono venuti a Riace per cercare di capire come questo modello si è potuto realizzare e come poterlo esportare e moltiplicare. Senza dimenticare il noto regista Wim Wenders che, venuto a conoscenza di questa esperienza direttamente da un bambino profugo afgano che attualmente vive a Riace, ha girato nel 2010 il bellissimo cortometraggio-documentario “Il volo” (proiettato anche a Pontedera nel maggio 2017 all’interno di un’iniziativa promossa dalla R.E.S. Valdera). E cosa ha attratto così tanto il famoso regista tedesco da spingerlo fino a questo paesino del profondo sud per girare un cortometraggio? Il fatto che “la vera utopia non è la caduta del muro, ma quello che è stato realizzato in Calabria, a Riace. È un’esperienza locale che però ha una valenza globale. È un insegnamento rivolto al mondo“.

A Tiziana Barillà il merito di averci fatto assaporare e sentire da vicino il valore di questa utopia, con chiarezza e semplicità. A voi tutti un consiglio: acquistate e leggete “Mimì Capatosta – Mimmo Lucano e il modello Riace“.

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