SPAGNA, CONTRO I TAGLI ALLA SANITA’ NASCE IL PRIMO CENTRO MEDICO AUTOGESTITO
di Silvia Ragusa
A Barcellona, vicino alla Sagrada Familia, oltre 1300 cittadini sono già stati assistiti dal Caps, in cui operano quindici persone, tra medici e infermieri. Chiunque può entrare a chiedere un consulto o un trattamento in cambio di ore di lavoro o di ecos, la moneta alternativa.
“Parliamo di difficoltà, limiti e deficit di risorse, che chiamano ‘crisi della sanità pubblica’, ma che in realtà è un controllo imposto”, spiegano dal Centro autogestito. Per questo il sistema non è basato sull’euro, eccetto i 30 che servono per registrarsi alla cooperativa – somma che viene restituita quando il socio decide di andar via -. Al Caps si paga infatti con le ore di lavoro, magari insegreteria o nell’asilo nido che accoglie i bambini del quartiere tra gli 0 e i 3 anni, oppure con la moneta locale: l’ecos. Un sistema che ha permesso di creare delle convenzioni con qualche piccola impresa, come la vicina clinica dentale Bosch Sadurní che sostiene l’idea di una “sanità più a misura d’uomo”.
“Tutto è diventato difficile, bisogna cercare alternative, e questo progetto pilota ne è un esempio. Dobbiamo riflettere sulle nostre critiche: ci lamentiamo della crisi, dei tagli del governo, quando dovremmo costruire un nuovo modello di sanità”, racconta Xavier Borrás, sotto il lemma dell’Aurea social: salute, educazione, autogestione. Lo spazio, chiamato appunto Aurea social, dov’è nato il progetto è già una piccola conquista: un immobile di 1400 mq a pochi passi dalla Sagrada Familia. Prima c’era un ambulatorio medico privato, la Aurea Mon sl, fin quando, nel 2011, i soci hanno deciso di chiudere tutto dopo un anno di contrasti con il Banco Popular e le sue clausole sull’ipoteca. “Ci hanno lasciato tutta l’attrezzatura medica che abbiamo: proiettori, barelle”. E dopo un’asta pubblica andata a vuoto, sono cominciate le negoziazioni per restare. Non a caso nel Centro c’è anche un piccolo ufficio dedicato al problema sfratti, dove si aiuta chi è a rischio, incoraggiando l’affitto sociale e le masoveries urbanes, le tipiche case di campagna di proprietà, oggi sempre più gestite da famiglie sfrattate che a cambio di abitarvi, si prendono cura delle abitazioni.
18/05/2013