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LIBERALIZZARLA DI PIU’, SE POSSIBILE

di Andrea Baranes

Tra gli ambiti del Ttip, uno di particolare rilevanza dovrebbe riguardare i servizi finanziari. Questa almeno è l’idea della Commissione europea, mentre la controparte statunitense ha più volte dichiarato di volere escludere la finanza dal negoziato.

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Tra gli ambiti del Ttip, uno di particolare rilevanza dovrebbe riguardare i servizi finanziari. Questa almeno è l’idea della Commissione europea, mentre la controparte statunitense ha più volte dichiarato di volere escludere la finanza dal negoziato. Non tanto per il timore di vedere ridurre gli standard e le regole in materia, quanto perché su banche e finanza gli Usa vogliono decidere da soli, senza intromissioni, come nel caso dell’accordo di Basilea sui limiti prudenziali per le banche che non è mai stato adottato al di là dell’Atlantico. L’Ue continua invece a parlare della necessità di “armonizzare” le regole anche in ambito finanziario, il che secondo diversi pareri si tradurrebbe in un abbassamento degli standard e dei controlli. Uno dei rischi maggiori è legato al meccanismo di risoluzione delle dispute che permetterebbe a una singola banca o altro attore finanziario di citare in giudizio uno stato. L’approccio sembra in ogni modo quello di arrivare al «più alto livello di liberalizzazione attualmente presente negli accordi di libero scambio». È davvero al limite dell’incredibile vedere un’Europa sulla soglia del baratro che pretende di uscire dalla crisi esasperando le condizioni che ci hanno trascinato nella crisi stessa, ovvero la mancanza di regole e controlli sul gigantesco sistema finanziario privato.

Tutto l’impegno dell’Ue dovrebbe andare verso l’introduzione di normative che permettano di chiudere una volta per tutte il casinò finanziario. Molte proposte sono in campo da anni e sono sostenute da ampie reti della società civile e da innumerevoli studi. Quello che è mancato fino a oggi è la volontà politica di attuarle, di volere controllare e non compiacere i mercati. In questo senso il Ttip appare un pessimo accordo, non solo nel merito ma anche nella forma. Non si può discutere di regole finanziarie in un accordo bilaterale di libero commercio. Sono diverse le istituzioni internazionali incaricate di proporre regole in ambito finanziario, dal Financial Stability Board allo Iosco (l’organizzazione internazionale di supervisione sui mercati azionari e dei future) a diverse altre. Che senso ha spostare la discussione in un accordo di libero scambio? Che senso ha, inoltre, discuterne tra Usa e Ue e non su scala internazionale? Il tentativo dell’Ue di includere anche i servizi finanziari nell’accordo, malgrado l’evidenza di cosa andrebbe fatto, malgrado la necessità di muoversi in direzione opposta, malgrado persino la contrarietà degli Usa, non fa che confermare sia la necessità di portare alla luce le minacce del Ttip sia quanto c’è da fare per cambiare alla radice le politiche e la visione di questa Europa.

17/10/2014

da www.sbilanciamoci.info

 

Categorie:ECONOMIA E LAVORO
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