LASCIO

18 febbraio 2016

di Rosaria Gasparro12036592_930626677031817_9081736018353530979_n

“Lascio. Non mi appartiene più questa scuola”, scrive in questo grido di rabbia e dignità, Rosaria Gasparro, maestra. Un intervento che dovrebbe essere letto e riletto da moltissime persone. Perché il mondo si cambia soltanto in basso e in profondità, costruendo relazioni diverse, spesso in modo poco visibile, anche solo con un “lascio, anzi continuo”.

.

La domanda l’ho fatta. Anticipata. La chiamano così, quella del servizio dei 41 anni e 10 mesi. La considerano un anticipo sul tempo del vivere.

Lascio. Non mi appartiene più questa scuola. Così come io non appartengo a questa premiata ditta-dittatura di imprenditori di se stessi. Sono già riconoscibili, hanno deposto le rabbie di maggio, gli striscioni e le proteste e si sono messi sugli attenti, zelanti e proni, disposti a tutto, a qualsiasi comando presente e futuro, a qualsiasi collaborazione, coordinazione, documentazione, animazione, figurine di sistema intercambiabili. “Ce lo dice la legge” cinguettano in coro. Perché nella buona scuola insegnare è diventato disdicevole. Vuoi mettere la fatica di misurarsi ogni giorno con i bambini che scalpitano, che si muovono, si agitano, che presentano i loro problemi che sono problemi di tanti, che vengono da lontano, che hanno diversi nomi, che prima dei bambini parlano di adulti in difficoltà, di perdite, di solitudini, di famiglie disintegrate, di consumatori, di volontarie inconsapevolezze, di colpevoli abbandoni e inadempienze dei governi.

12628507_997355193692298_5245127457048428524_oBambini de-finiti con bisogni educativi speciali. Che soluzione creativa le sigle. Un jingle per uno per tacitare il senso di colpa di non essere capaci di fare altro. Un pdp non si nega a nessuno nella scuola a bassa definizione. E nemmeno un gruppo di livello che fa tanto nongraded school, classi aperte per dire differenziali, impara asino! Scuola di carta e bambini in carne e cuore. Meglio far carriera. Un comitato qua, una valutazione là, un rav rav per la qualità, il nav che ci aspetta e il nev che ci accompagnerà, gli insegnanti pon pon, quelli del ptof, il pnsd che ci salverà, un dipartimento a scelta, gli esiti dell’apprendimento, nessuna esitazione, prego. L’invalsi incombe. Nessuna conoscenza che diventi coscienza. Solo misurabile-miserabile competenza. Standard è bello, formattazione di massa per arrendevoli esecutori acquirenti. La governance è aperta ai collaborazionisti per vocazione o convenienza, di oggi e di sempre. Venghino signori nella gran scuola aziendale del profitto e del prodotto. Il privato si prende il pubblico. Treelle ringrazia.

Lasciate ogni speranza voi che entrate: la libertà è sospesa, vi piacerebbe continuare a fare i sovversivi contrastivi, quelli del pensiero critico e creativo? Non c’è test per voi, non c’è premio ribelle. L’ambito che vi spetta è quello infernale. Tranquilli, solo una servitù volontaria vi renderà merito. Abolita la democrazia, c’è qualcuno che pretende ancora di parlare e magari di votare? Obsoleti rivoluzionari, ancora di sana e robusta Costituzione. Abolita l’idea di comunità educante, quella generativa di crescita e cambiamenti, ad alta intensità relazionale, conviviale, affettiva e cognitiva, dove l’educazione è un atto di reciprocità, dove l’agire è etico, solidale, dove ci si libera insieme, dove il sapere è una costruzione comunitaria, dove prendono forma identità aperte e narrazioni plurali, dove si coltiva il proprio mondo interiore, l’io e il noi, mantenendo alto lo stupore. Tutto polverizzato dalla competizione, uno contro l’altro alza i livelli delle prove, e dalla corruzione di bonus e premi lesivi di una più profonda dignità. Umana, prima che professionale. Esperti di umanità, non dovrebbero essere questi gli insegnanti? Quelli che dovevano insegnare ad essere? Ora l’ausiliare è cambiato. Meglio avere, signora maestra.

Perciò lascio, anzi continuo.

1/02/2016

da www.comune-info.net

.

I commenti sono chiusi.