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DONNE ROM OLTRE IL PREGIUDIZIO

1920450_1406319209633580_230565328_ndi Marco Brazzoduro

Un incontro con 12 donne rom, per confrontarsi e porre le premesse per la costruzione di un associazionismo in grado di prendere parola e partecipare con piena dignità all’emancipazione di tutto il mondo rom sopraffatto da pregiudizi e discriminazioni ancora largamente diffusi nel nostro paese. Raccontando le proprie esperienze di vita, le proprie aspirazioni e prospettive. Quella di donne che lavorano e che fuoriescono dall’asfissiante stereotipo della romnì. E che, con orgoglio, rivendicano il loro ruolo nella società.

 

L’8 marzo, nell’ampio orizzonte delle celebrazioni delle donne, un evento merita un commento: quello dell’incontro di donne rom promosso dall’associazione Romnì onlus. Si è trattato di un evento di particolare rilievo perché è la prima volta che in Italia donne rom si sono incontrate, si sono confrontate, hanno posto le premesse per la costruzione di un associazionismo in grado di prendere parola e partecipare con piena dignità all’emancipazione di tutto il mondo rom ancora sopraffatto da pregiudizi e discriminazioni ancora largamente diffusi nel nostro paese. L’incontro si è caratterizzato per una attenta e vivace partecipazione. Al tavolo della presidenza si sono alternate dodici relatrici che hanno raccontato delle loro esperienze di vita, delle loro aspirazioni e prospettive. Tutte animate da un sentimento profondo di apertura e di fiducia nell’avvenire e convinte della necessità di un impegno concreto in quanto donne rom. E’ noto come la condizione delle donne rom sia ancora oggi caratterizzata da una duplice discriminazione: in quanto rom, e quindi disprezzate ed emarginate dalla società maggioritaria, e in quanto donne, relegate a ruoli subordinati nell’ambito familiare. Per questo la forte volontà espressa di iniziare a costruire un percorso innovativo che recida il vincolo di un soffocante tradizionalismo va colto con grande favore e speranza.

10003448_1406319566300211_1965840691_nLa presidente della commissione delle elette, Daniela Tiburzi, ha recato il saluto del sindaco e, in un accalorato intervento, ha dichiarato la propria disponibilità a riconoscere e sostenere il percorso intrapreso. L’incontro, finanziato dall’Open Society Foundation, una fondazione con sede a Londra che si propone di promuovere i diritti dei rom in tutta Europa, così spesso calpestati, è stato organizzato e diretto da Saska Jovanovic Fetahi, una romnì (donna rom) serba, con diploma di ingegnere e imprenditrice. Una donna di successo, fondatrice di un’associazione di donne rom (Romnì onlus), orgogliosa della propria origine e impegnata nella rivendicazione dei diritti del suo popolo e nella promozione della sua cultura. Il mondo rom, al contrario di quanto generalmente si crede è “un mondo di mondi” ovvero una realtà estremamente articolata con profonde differenze al proprio interno. Di queste differenze una testimonianza eloquente è provenuta proprio dal convegno dove si sono esibite romnià (donne rom) italiane, macedoni, croate, romene, serbe, kossovare, montenegrine, tutte accomunate dalla comune determinazione di liberarsi dei vincoli opprimenti della tradizione per avviare iniziative di partecipazione, presenza, presa di parola in primo luogo all’interno della famiglia e delle rispettive comunità e in seconda battuta per un protagonismo combattivo nella società.

Sono donne che lavorano e che fuoriescono dall’asfissiante stereotipo della romnì petulante che mendica o che campa rubando. Sono donne che rivendicano con orgoglio il loro ruolo nella società e si offrono come esempio di integrazione e partecipazione paritaria col resto della società. Tra loro c’è chi fa la mediatrice scolastica, chi occupa un posto di responsabilità in un albergo, chi conduce un’avviata attività sartoriale come modellista. Vorrei citarne in particolare due, molto diverse tra di loro ma ugualmente, a mio avviso, meritevoli di particolare ammirazione. Sono Dijana Pavlovic e Rebeca Covaciu. La prima è un’attrice diplomata di origine serba ma cittadina italiana. Di lei è noto l’impegno combattente per l’affermazione dei diritti del popolo rom. Vicepresidente della Federazione Rom e Sinti insieme, è l’anima della Consulta Rom di Milano di cui ha promosso e ottenuto il riconoscimento istituzionale. Collabora con il Consiglio d’Europa ed è National Project Officer del progetto ROMED2/ROMACT per l’Italia. Rebeca è invece un’adolescente di diciassette anni. Proviene dalla Romania e vive in condizioni precarie con la sua famiglia a Milano. E’ un’artista, una pittrice. I suoi dipinti sono esposti in musei e mostre. Frequenta il liceo artistico ed è dotata di un’anima delicata e sensibile come ha potuto dimostrare nell’incontro leggendo sue liriche che hanno sorpreso per la inattesa maturità espressa.

1391673_679983135346792_559520763_nLa minoranza rom – neppure riconosciuta a livello linguistico nonostante la sua consistenza – subisce il peso di pregiudizi e discriminazioni che la relegano ai margini della società, spesso, troppo spesso, in quei luoghi di segregazione che sono “i campi nomadi” veri e propri insediamenti monoetnici che suscitano sconcerto e preoccupazione. Cosa si direbbe se per ipotesi gli ebrei fossero costretti a vivere in simili agglomerato oppure in quartieri dedicati a loro? Dato il peso del tragico passato si rabbrividirebbe. Perché invece per i rom nessuno batte ciglio? Anzi la modalità campo viene ritenuta (ma da chi?) la più idonea ad accoglierli. E’ ora che si ponga fine a questa vergogna nazionale. E le donne rom possono dare un contributo di proposta e di movimento in questa direzione sostenute dalle associazioni pro rom che avvertono il peso dello scandalo e premono perché si volti pagina e si riconosca, finalmente, che le esigenze abitative dei rom sono tali e quali alle nostre. Il nomadismo, assunto a pretesto da chi ignora la cultura e le esigenze concrete dei rom, è stato tradizionalmente la risposta culturale alle persecuzioni.

Anche il Consiglio d’Europa e La Commissione Europea premono per una reale politica d’inclusione di questa minoranza – la più numerosa d’Europa – discriminata se non perseguitata. Hanno sollecitato gli stati europei a varare strategie nazionali d’inclusione (il governo italiano l’ha approvata nel febbraio 2012) e promuovono progetti concreti che mirano a ridurre la distanza tra le comunità rom e la società maggioritaria e ad accrescerne la partecipazione sociale e politica. In questa direzione si muovono i progetti ROMED2/ROMACT in corso di svolgimento in sei città italiane (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari, Pavia). Questi progetti chiedono alle comunità rom di elaborare piani di intervento finalizzati al miglioramento delle loro condizioni e alle amministrazioni locali di avviare confronti con le stesse comunità rom in un fecondo dialogo sotteso dalla comune volontà di costruire rapporti di interlocuzione tesi al superamento della precarietà, della povertà e dell’invisibilità sofferta da seconde e terze generazioni assurdamente prive di documenti.

21/03/2014

da www.comune-info.net

 

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