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DECRESCITA: METTIAMO QUALCHE PALETTO

11 maggio 2018

di Igor Giussani

La decrescita non è un’ideologia, ma una “matrice di alternative”. Figlia del pensiero ecologista, ha elaborato una critica della modernità, sottolineato il tema della sostenibilità ambientale ed enfatizzato il carattere alienante della società dei consumi e i suoi intenti repressivi mascherati da lusinghe edonistiche. In nessun caso può diventare un pretesto per sdoganare autoritarismo e discriminazione.

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Per riprendere un’affermazione di Serge Latouche, la decrescita non è un’ideologia bensì una matrice di alternative. Non ha quindi senso ergersi a guardiani della fede o ricercare insensate ortodossie; il libro di Pallante e Pertosa “Solo una decrescita felice può salvarci” testimonia egregiamente le tensioni dialettiche presenti all’interno del nostro movimento, senza risparmiare critiche persino allo stesso intellettuale francese. Questa biodiversità di pensiero è una risorsa da proteggere costantemente da qualsiasi pericolosa deriva omologatrice.

Risultati immagini per pallante pertosaQualche paletto, però, è opportuno metterlo. La decrescita è figlia del pensiero ecologista delle origini, il quale ha elaborato una critica delle modernità che, sul versante scientifico, ha sottolineato la tematica della sostenibilità ambientale mentre, su quello filosofico, ha enfatizzato il carattere alienante della società dei consumi e dei suoi intenti repressivi mascherati da lusinghe edonistiche; rappresenta quindi un movimento all’insegna del ritorno in armonia con la natura e la riappropriazione esistenziale. In nessun caso può diventare un pretesto per sdoganare autoritarismo e discriminazione.

Negli ultimi anni, la decrescita ha attratto nella sua orbita ideologie reazionarie (impropriamente ribattezzate ‘antisistema’) che, approfittando del rinnovamento di idee, stanno riversando vino vecchio in bottiglie nuove, in perfetto stile postmoderno. Non credo che i loro adepti siano particolarmente numerosi, costituiscono però la classica minoranza rumorosa molta attiva specialmente sui social network, con il conseguente rischio di far passare messaggi sbagliati all’esterno e allontanare potenziali interessati alla decrescita.

Il discorso sarebbe lungo, per cui propongo un paio di esempi concreti per essere il più sintetico ed esaustivo possibile. Il primo è un’intervista a Paolo Borgognone pubblicata sul sito di Arianna Editrice. Potrei muovergli tantissime contestazioni, per cui mi limito a riportare gli aspetti che ritengo più inaccettabili.

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Paolo Borgognone

La democrazia liberale, cioè l’autogoverno dei ceti ricchi, è il modello politico che le classi dirigenti internazionali di “sinistra” proclamano, acriticamente, come una sorta di nuovo “paradiso in terra”. Ora, è ovvio che la democrazia liberale costituisca l’involucro politico migliore entro cui può svilupparsi il capitalismo odierno, finanziarizzato e digitalizzato. Per questa ragione, la democrazia liberale è anche il modello politico peggiore che le classi subalterne possano augurarsi perché in un contesto di liberalismo reale le istanze rivendicative, sociali, dei ceti lavoratori e subalterni non hanno alcuna possibilità di costituirsi né di trovare accoglimento presso i dominanti.

Anche il sottoscritto ha più volte evidenziato difetti e mistificazioni della democrazia liberale, ma limitarsi a una critica distruttiva equivale all’apologia della dittatura. Tra l’altro, le classi subalterne storicamente hanno lottato con le unghie e con i denti per conquistare il suffragio universale e gli altri diritti politici appannaggio delle élite; evidentemente erano stupide o comunque intellettualmente inferiori a Borgognone, il quale come tantissimi ‘antisistema’ stravede per la Russia di Putin.

Oramai, tra russofobi e russofili, sembra impossibile tracciare un quadro obiettivo dello stato euroasiatico e del suo leader (io ci ho vanamente provato); tuttavia, se il ragionamento di fondo deve essere “l’interesse delle classi subalterne”, esistono dati oggettivi che parlano da soli. Risultati immagini per russiaLa Russia è una nazione contrassegnata da profondi squilibri sociali dove, a fronte di una minoranza opulenta – i venti miliardari più ricchi possiedono patrimoni per più di 160 miliardi di euro  – privilegiata dalla flat tax e altre agevolazioni fiscali, fanno da contraltare diciotto milioni di indigenti e un tasso di mortalità peggiore di molti paesi africani (la speranza di vita maschile non raggiunge i 65 anni). Se la disuguaglianza è l’elemento saliente del capitalismo, quello russo presenta un carattere molto più radicale di quello occidentale dove, grazie anche agli strumenti della democrazia liberale, le organizzazioni dei lavoratori sono riuscite a opporre argini al sopruso. Ecco un altro delirio che ritengo degno di nota:

Il M5S parla di lotta alla casta, ma a quale élite si riferisce quando i suoi portavoce alzano i toni sull’argomento? Non certo alle caste capitalistiche internazionali, ai signori della moneta emessa a debito, ai magnaccia dello sfruttamento del lavoro flessibile e precario e ai generali arcobaleno della Nato che fanno le guerre per esportare all’estero i miti di fondazione gay-oriented e metrosexual della società occidentale…Io credo che il M5S sia stato costituito dalla upper class transnazionale che determina i processi di ingegneria antropologica postmoderna come strumento di marketing politico e gatekeeper funzionale a intercettare il voto sovranista e a canalizzare lo spirito di ribellione dei penalizzati e delusi dalla globalizzazione in direzione di un partito liberal-globalista e “sintetico”, più o meno camuffato da interlocutore “antisistema” dei ceti deprivati e oppressi.

Per quanto riguarda la NATO che combatterebbe guerre “per esportare  miti di fondazione gay-oriented”, suggerisco a Borgognone di arruolarsi in un reparto militare tipo Folgore e di ostentare palesemente atteggiamenti omosessuali, per poi verificare in prima persona la bontà delle sue affermazioni…Risultati immagini per potere multinazionaliLe valutazioni sul M5S riflettono un altro caposaldo ‘antisistemico’: chi la pensa diversamente da me (o chi avversa i miei beniamini, ho in mente tanti giudizi superficiali sulle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’) non può essere genuino, deve per forza essere eterodiretto da un complotto demoplutogiudaico, in una visione paranoide del mondo da far sembrare le distopie di Orwell e Huxley dei paradisi libertari. Così facendo si inficia qualsiasi riflessione seria sull’influenza dei poteri forti e conseguentemente sui reali margini di libertà e resistenza: se fossi un membro della super élite transnazionale, non chiederei di meglio per me e la mia cerchia di essere ritenuto tanto onnipotente, in modo che, laddove finisca il nostro (grande) potere, inizi quello attribuitoci dalla fantasia popolare.

mrsovranismgiussaniBorgognone esprime anche alcune valutazioni sull’immigrazione che però riesco a chiarire meglio tramite un secondo esempio, ossia uno scambio di commenti sul gruppo Facebook di Movimento per la decrescita felice intercorso tra me e un altro utente (clicca su immagine a sinistra).

Di per sé non c’è molto da commentare di una persona che parla di “invasione” attuale degli immigrati minimizzando il colonialismo (cioé una vera e propria aggressione militare con tanto di annessione territoriale) e che applica platealmente due pesi e due misure per giudicare l’emigrazione altrui e quella del proprio popolo. Trovo però interessanti i presupposti impliciti dell’intero ragionamento di Sovranism e, per una persona come me che ha raggiunto la quarantina e ha visto tanta acqua passare sotto i ponti, analizzare in retrospettiva.

Come già raccontato altre volte, mi sono interessato alla politica fin da adolescente, ossia metà anni Novanta, simpatizzando da subito per le cause dei movimenti no global. All’epoca, criticare il neoliberismo e lo strapotere della finanza non era di moda e facendolo venivi bollato come “comunista” e potenziale terrorista, anche da forze politiche identitarie ora fieramente avverse alla retorica globalista. Che cosa è successo in una ventina d’anni per stravolgere tanto la situazione?

Molto semplicemente, in quel periodo l’Italia, nonostante problemi innegabili, poteva ragionevolmente rivendicare la sua fetta di torta e ambire a un ruolo non di primissimo piano ma comunque importante nello scacchiere internazionale, perché il “declino” ricordato da Sovranism era appena agli esordi. Erano il Pakistan e altri ‘colorati’ a fare il lavoro sporco e, nel complesso, dalle inique dinamiche del sistema-mondo globalizzato il nostro paese aveva più da guadagnare che perdere. Risultati immagini per umberto bossi pontidaPer tali motivi, era normale che nel 1991 il leader dell’oggi sovranista e antieuropeista Lega Nord rilasciasse solenni dichiarazioni in favore del transnazionalismo:

Ci troviamo a Pontida, luogo consacrato dalla volontà e dal giuramento per la libertà dei nostri avi, per sottolineare che oggi inizia il ciclo politico costituente per rinnovare l’organizzazione dello stato italiano. Premessa di questa giornata di grandi decisioni è stata la presentazione, avvenuta nei giorni scorsi, di una nostra proposta di legge costituzionale d’iniziativa popolare, che prevede l’elezione di una Commissione costituente per il rinnovamento della Costituzione. Il nostro progetto nasce a misura d’Europa, cioè di un moderno sviluppo economico perché lo stato nazionale tradizionale è al contempo sia troppo piccolo, sia troppo grande. È troppo piccolo se si considera la dimensione del mercato interno. È invece troppo grande come unità di gestione della finanza pubblica per cui ne derivano economie afflitte da dirigismo e poco efficienti, dove le lobbies economiche riescono facilmente ad ottenere provvedimenti favorevoli dal Governo. (Discorso di Umberto Bossi al raduno di Pontida del 1991)

Tuttavia, dopo l’affermazione economica dei BRICS e la deflagrazione della grande crisi finanziaria del 2008, l’Italia si è ritrovata nella vasta platea dei perdenti e molte persone si sono improvvisamente scoperte ‘antisistema’, nel senso che vogliono mantenere i privilegi del mondo globalizzato senza doverne subire vecchi e nuovi svantaggi.

Risultati immagini per Structural Adjustment Programs – SAPsVeniamo così alla questione migrazioni. Una delle principali tematiche no global riguardava i programmi di aggiustamento strutturale (Structural Adjustment Programs – SAPs) contratti da tanti paesi in via di sviluppo con il Fondo Monetario Internazionale, talvolta firmati da governi corrotti e autoritari ma rimasti in vigore anche dopo la loro deposizione. I SAPs vincolavano la concessione di prestiti all’attuazione di politiche volte a imporre il pareggio di bilancio, la privatizzazione dei servizi e l’abolizione delle restrizioni su importazioni e esportazioni. Le conseguenze sono state pesantissime: cancellazione di programmi di assistenza sociale (in particolare quelli legati all’emancipazione femminile e alla pianificazione familiare, fondamentali per contenere la piaga della sovrappopolazione); conversione dell’economia per favorire le esportazioni ai danni delle esigenze locali; annullamento di qualsiasi ipotesi di riforma agraria e distruzione del tessuto sociale contadino, incentivando così il trasferimento di migliaia di persone prima nelle megalopoli e poi verso il nord del mondo.

Risultati immagini per picco petrolioRicordo bene come, nell’ilarità e nel disprezzo generale, venissero sottolineati i rischi di tali strategie nel provocare esodi di massa e nel favorire il proselitismo fondamentalista. Criticando l’ingerenza degli organismi transnazionali, le politiche di austerità e le mire egemoniche della finanza, io e tanti altri eravamo per certi versi sovranisti ante-litteram, con la differenza di aver colto la gravità di molti problemi ben prima di chi ha dovuto attendere di essere colpito personalmente nel portafogli. Quello che allora non avevamo compreso (non io almeno) è che le misure draconiane che ci sembravano dettate solo dall’avidità di fatto erano un tentativo razionale per arginare i problemi derivanti dalla fine del petrolio a prezzo stracciato che aveva caratterizzato il boom economico post-bellico. Alla stessa maniera, i sovranisti attuali non riescono a vedere oltre la finanza-Leviatano, non accorgendosi che la crisi del 2008 è dovuta a un’ulteriore riduzione della torta da spartire e della conseguente necessità di sfoltire i commensali.

Che l’emigrazione incontrollata sia un problema è fuori discussione, anche perché, a differenza di Mr Sovranism e della sua congrega, sono convinto che la finanza tiri le fila del fenomeno solo in minima parte, per cui non credo proprio che si possa interrompere il tutto alla stessa maniera con cui si apre o si chiude un rubinetto. Ora che anche l’Europa mediterranea si ritrova nella morsa infernale del turbocapitalismo, bisogna scegliere se reagire al problema o da soggetti consapevoli o da bambini a cui hanno portato via il giocattolo. Risultati immagini per picco petrolioMr Sovranism intravede che la soluzione per evitare la guerra tra poveri (o per meglio dire ai poveri) sarebbe consentire “il libero scambio solo tra paesi di pari sviluppo e tutele” e anche Borgognone ammette “che non si può essere liberali e liberisti ma contrari ai flussi migratori di massa poiché le migrazioni odierne, in entrata o in uscita dal Paese, sono un epifenomeno del capitalismo”.

Ho però il serio sospetto che entrambi, nella loro visione del mondo fortemente imbevuta di ideologia e decontestualizzata dal concreto, abbiano solo una vaghissima idea delle conseguenze: ciò comporterebbe infatti la fine dell’accaparramento di materie prime a basso prezzo, ossia la pietra fondante su cui si è costruito il benessere occidentale (e specialmente quello di una nazione come l’Italia, legata a doppio filo all’importazione di risorse essenziali). Non si può desiderare un mondo contrassegnato da relazioni politiche-economiche più eque e contemporaneamente “fermare il declino” nazionale, occorre semmai programmarlo e gestirlo nel modo migliore: serve una decrescita felice o serena che dir si voglia, insomma.

Risultati immagini per degrado ecologico pianetaIn definitiva, sono convinto che la cartina al tornasole per distinguere i movimenti della decrescita dalle ideologie reazionarie sia – riprendendo il lessico filosofico di Borgognone – che i primi concentrano l’analisi sui fenomeni, mentre le seconde si limitano a osservare gli epifenomeni (ossia fenomeni secondari che accompagnano o seguono un fenomeno primario apparentemente slegato da essi) scambiandoli per la radice dei problemi; detta in termini più semplici, la differenza tra guardare la luna o il dito. A livello planetario, i due grandi fenomeni sono:

  • sul versante ambientale, il degrado ecologico del pianeta* (in tutte le sue forme) e il progressivo esaurimento delle risorse;
  • sul versante politico-sociale, la divisione in nazioni centrali e periferiche dell’economia-mondo e le stratificazioni di classe a livello nazionale e transnazionale.

Criticare lo strapotere della finanza o i flussi migratori incontrollati prescindendo da queste considerazioni – magari condendo il tutto con abbondanti dosi di razzismo, omofobia e altri sentimenti poco nobili giustificandoli con la lotta al politically correct – è il preambolo migliore per creare disastri peggiori dei mali che si vorrebbe curare.

* Una caratteristica saliente di movimenti e pensatori ‘antisistema’ è l’utilizzo strumentale della causa ecologica o la sua totale negazione. Maurizio Blondet, ad esempio, tradizionalista cattolico che gode di una certa considerazione negli ambienti della decrescita, è convinto che il riscaldamento globale del pianeta sia solo un inganno creato dalla finanza e dai poteri forti. Anche la Lega Nord ha recentemente organizzato un convegno contro le “balle sul clima”.

8/05/2018

da www.decrescita.com

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