Home > BENI COMUNI, AMBIENTE, AGRICOLTURA > CLIMA E AGRICOLTURA CONTADINA

CLIMA E AGRICOLTURA CONTADINA

8 marzo 2016

di Giovanni Pandolfini*ag

Calamità originate dal clima, ghiacciai che si sciolgono ad un ritmo allarmante, specie di piante e animali che scompaiono, isole e paesi invasi dagli oceani, suoli desertificati. E ancora; uragani, tornado, alluvioni e fenomeni climatici estremi. Ormai non possiamo dire che non ci sono più le mezze stagioni, perché non ci sono più neanche quelle intere. L’gricoltura è sia causa che potenziale soluzione al problema del riscaldamento globale.

.

I contadini e le contadine di ogni angolo del mondo e chiunque ha a che fare direttamente con loro e con i loro prodotti si ricordano bene come sia sempre stato parte integrante della cultura rurale parlare del “clima”. La sua imprevedibilità da sempre ha condizionato l’andamento delle coltivazioni e delle produzioni contadine infondendo quel senso di impotenza (a mio avviso salutare) nei confronti della generosità o della cattiveria di nostra Madre Terra. Oggi questa imprevedibilità si è ingigantita fino a costituire un vero e proprio caos climatico a livello planetario.

Calamità originate dal clima questo anno sono state la causa, in tutto il pianeta, di molta fame, migrazioni e del peggioramento delle condizioni di vita di milioni di persone. I ghiacciai si stanno sciogliendo ad un ritmo allarmante, stanno scomparendo ogni giorno molte specie di piante e animali, isole e paesi vengono invase dagli oceani, i suoli si stanno desertificando ed erodendo e i boschi incendiando, eventi catastrofici come uragani, tornado, alluvioni e fenomeni climatici estremi sono sempre all’ordine del giorno.

Anche nei nostri territori, tutti quanti noi che viviamo sulla terra e della terra, constatiamo un forte aumento delle difficoltà ad ottenere prodotti sufficienti alle nostre esigenze alimentari e alla realizzazione delle piccole economie a base locale che ci consentono di vivere. Ormai non possiamo dire che non ci sono più le mezze stagioni perché non ci sono più neanche quelle intere. Eppure, a parte chi viene colpito direttamente e in modo violento da un qualsiasi evento eccezionale di turno, sembra che la cosa non ci riguardi affatto, abbiamo tutti cose molto più importanti a cui pensare.

Tutta la comunità scientifica, anche quella meno “libera”, concorda sul riconoscere che il “caos climatico” è provocato da un surplus di emissioni di gas serra derivanti da attività umane e che quindi non siamo in presenza di un clima impazzito ma della normale reazione del pianeta alla sollecitazione chiamata effetto serra. Le cause di questo surplus di produzione di gas serra sono molte, tutte originate dall’uso indiscriminato di energia ottenuta da combustibili fossili. Energia impiegata per sostenere una industrializzazione tanto selvaggia e indiscriminata quanto inutile e dannosa che, in molti casi, produce enormi vantaggi solo per pochi e grandi svantaggi e rischi per tutti. La produzione industriale del cibo è fra queste cause ed è la più importante. Questa ha una diretta responsabilità nella emissione di gas serra quindi nel riscaldamento globale e quindi nel caos climatico. Ci sono studi che individuano che la produzione industriale del cibo è responsabile delle emissioni per una percentuale che va dal 47 al 55 per cento delle emissioni totali (fonti Via Campesina-Grain).

12308703_1258844260808126_1946974690948237171_n

Pochi soggetti transnazionali traggono enormi profitti a danno della maggior parte della popolazione mondiale mentre i governi, ormai non più “sovrani” sui propri territori, continuano a non fare l’interesse delle collettività che dovrebbero rappresentare e assecondano passivamente il volere di questi. Appare in questo quadro molto importante la posizione del mondo agricolo in quanto è causa e può essere anche potenziale soluzione al problema del riscaldamento globale.
Il modello di agricoltura contadina agroecologica costituisce una alternativa concreta all’agricoltura industriale petrolifera senza contadini ed è già realizzata in molte zone del mondo.

L’agroindustria non lavora per produrre cibo ma profitti (per pochi), coltiva su grandi estensioni, pratica l’accentramento della proprietà della terra, dei mezzi di produzione e della distribuzione dei prodotti generando enormi problemi sociali. L’agroindustria ancora oggi a livello mondiale produce solo il 30 oer cento di tutto il cibo globale utilizzando il 70 per cento delle terre coltivabili. Consuma l’80 per cento dei combustibili fossili utilizzati in agricoltura e il 70 per cento dell’acqua irrigua (fonte ETC group).

I governi dei paesi industrializzati con le grosse imprese transnazionali che operano nei settori alimentare, chimico, farmaceutico e finanziario si sono sempre adattati alle richieste sociali ed ecologiche con strumenti ingannevoli e mistificatori che, garantendo la continuità dei profitti, hanno inibito le pressioni del dissenso. È successo con la “rivoluzione verde” (chimica e meccanizzazione con la scusa di ottenere cibo per tutti) e con la “green economy” (finanziamenti pubblici alla tecnologia verde grazie alla quale salveremo il pianeta). In pratica determinare un problema, proporsi per la sua soluzione continuando a drenare ricchezza alle popolazioni e dotarsi del così detto “volto umano” in enormi operazioni di marketing tanto ingannevoli quanto inconcludenti (Expo nutrire il pianeta, Cop21 di Parigi).

L’agricoltura contadina con pratiche agroecologiche oltre a contribuire al raffreddamento del pianeta spezza questa catena di potere che determina la stretta relazione fra crisi ambientale e crisi sociale in quanto è naturalmente portatrice sana di valori paralleli ad essa come l’autodeterminazione dei territori, il mantenimento o la ricostruzione di comunità territoriali che tendono all’autogoverno dal basso e il mutuo soccorso. L’autodeterminazione alimentare attraverso l’agricoltura contadina è la vera soluzione alla crisi climatica globale.

* Mondeggi Bene Comune – Fattoria Senza Padroni

26/02/2016

da www.zeroviolenza.it

.

I commenti sono chiusi.