CIBO, CROCIATE E RIBELLIONI

di Michele Meomartino*ce

Siamo votati alla classica fatica di Sisifo se, nel tentativo di raggiungere un discreto benessere, ci limitassimo a scegliere l’insalata più bio, il prodotto meno inquinante, solo vegetale e a bassa impronta ecologica, e dimenticassimo che il benessere riguarda scelte ben più profonde, quelle che attengono l’essere, non l’avere. Per questo abbiamo bisogno di guardare il tema della sofferenza inflitta agli animali senza fare crociate ma affiancandolo al problema delle guerre che si moltiplicano per l’accaparramento delle risorse.

Forse sarà utile riflettere insieme sui nostri stili di vita e sulle nostre scelte quotidiane prima di formulare giudizi dall’alto delle nostre sicumere. Cominciamo dall’alimentazione che assorbe tanta parte delle nostre attenzioni quotidiane. Il cibo, da sempre, ha una sua importanza e centralità per le molteplici connessioni che ha con tutti gli altri aspetti dello scibile umano. Il cibo non riguarda solo la nostra alimentazione, ma coinvolge aspetti: antropologici, psicologici, storici, economici, ambientali, salutari, etici, religiosi, filosofici, finanziari, politici, relazionali e finanche ambiti, spesso, a noi ignoti…Presumere di ridurne la sua portata è come contenere in un bicchier d’acqua la vastità dell’oceano. Per quanto personali possono essere le nostre scelte, sarebbe limitativo affrontare l’universo del cibo solo in relazione ad un singolo aspetto, anche se importante. Il nostro sforzo dovrebbe tendere verso una consapevolezza olistica, dove la semplicità si sposa con la complessità dei problemi. Un approccio scevro da pregiudizi e da moralismi supponenti, bandendo ogni forma di fondamentalismo, perché la pretesa di aver ragione, se supporta le nostre fragili identità, da una parte, dall’altra, inibisce sul nascere una serena e costruttiva dialettica. Il cibo è una cosa troppo seria per essere banalizzato con rappresentazioni folcloristiche o con semplificazioni manichee. La libertà di coscienza è un diritto sacro e inviolabile perché c’è voluto il sacrificio di tanti testimoni e le lotte di interi popoli per ottenerla. E lungo sarebbe l’elenco nella storia.

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Altrettanto importante è l’assunzione di responsabilità che ci impongono le nostre scelte con tutte le implicazioni che esse generano, se vogliamo essere una società matura. Da quasi trent’anni la mia alimentazione è vegetariana. Mangio cereali e legumi, frutta e verdura e di rado uova e formaggio. Ma amo soprattutto cucinare le erbe spontanee che nascono copiose nella mia campagna (l’autore di questo articolo è tra i promotori del primo Festival itinerante delle erbe nell’Alto Molise, ndr). E se all’inizio della mia scelta fu la sensibilità animalista ad avvicinarmi alla dieta vegetariana perché rimasi incredulo e ferito osservando i maiali che andavano in depressione, fino rifiutare il cibo, prima di essere macellati…, nel tempo, è stata la scoperta delle innumerevoli implicazioni che ha il cibo nella nostra vita a schiudermi nuovi orizzonti cognitivi e ad assumere, almeno spero, un atteggiamento più equilibrato. Ognuno ha il suo percorso e i suoi tempi di crescita. Per esempio, mi sono chiesto e mi chiedo come si produce il cibo, quali economie sosteniamo, quali aziende premiamo, a quali canali distributivi ci rivolgiamo, quali prodotti scegliamo, quale cibo mangiamo, come ci nutriamo, ecc…tutte le volte che facciamo un acquisto o ci avviciniamo a tavola.

Il padre del consumo critico italiano, l’amico Francesco Gesualdi scrive in uno dei suoi tanti libri: “Quando scegli un prodotto è come se tu andassi a votare” perché la tua scelta è politica. Decidi tante cose quando riempi il carrello della spesa. Si pensi solo a quante implicazioni ha la commercializzazioni su scala planetaria. Alimentarsi in modo corretto, da un punto da vista salutista, e poi non tener conto che quel cibo arriva da migliaia di chilometri, magari coltivato su terreni dove lavorano contadini in condizioni di semi schiavitù, con tutto il loro carico di conseguenze, vuol dire non considerare altri aspetti fondamentali. Come presidente dell’Associazione Vegetariana d’Abruzzo non ho mai fatto crociate al grido “Dio lo vuole!”. Non mi sento investito da nessuna missione, né tanto meno cerco proseliti. Il mio impegno è rivolto a segnalare il problema alimentare soprattutto fornendo cifre e proponendo immagini su cui riflettere, organizzando momenti ludico – conviviali. E’ un impegno che svolgo con passione e spesso senza eccessivi clamori.

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E come cittadino e associazione, insieme agli altri, cerco di contribuire, nonostante i miei molteplici impegni e interessi, a migliore la leggi esistenti. Spesso, un approccio eccessivamente emotivo, tipico dei neofiti, unitamente ad un eccesso di zelo, non aiutano ad incardinare su giusti binari le relazioni con gli altri che vivono diversamente. La convivenza tra le differenze è anche la ricerca della pace e delle cose che abbiamo in comune, senza sottovalutare le diversità. Se queste sono le nostre intenzioni, nonostante limiti, parzialità e incoerenze delle nostre pratiche quotidiane, acquista senso e diventa credibile il nostro impegno verso un mondo privo di violenza o quanto meno mitigarne gli effetti. Quando la sensibilità di tanti si sente offesa dalla sofferenza inflitta agli animali negli allevamenti intensivi, senza porsi il problema della pacificazione nel mondo, delle guerre per l’accaparramento delle risorse, dello sterminio di interi popoli per garantire il benessere di pochi, e come le società complessivamente intendono accompagnare un possibile quanto auspicabile processo di trasformazione verso una società meno violenta, non siamo persuasivi. Ancora una volta ci accontentiamo di slogan, forse la nostra associazione si sarà guadagnato qualche posto al sole, qualcun altro siederà su qualche scranno, ma il mondo reale rimarrà quello di prima.

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Il nostro atteggiamento non è ancora maturo perché ci limitiamo solo a protestare e siamo incapaci di fare proposte serie e credibili e soprattutto di portarle avanti con tutti i limiti dell’agire politico. Così come saremmo votati alla classica fatica di Sisifo se, nel tentativo di raggiungere un discreto benessere, ci limitassimo a scegliere l’insalata più biologica, il prodotto meno inquinante, solo vegetale e a bassa impronta ecologica, e dimenticassimo che il benessere riguarda scelte ben più profonde, appunto quelle che attengono l’essere, non l’avere. Non si vive di solo pane… L’universo del cibo è questo e tanto altro ancora. Esso merita il massimo rispetto e attenzione perché è il frutto della fatica dell’uomo, essenziale alla sua sopravvivenza. La sua anima più profonda è per me condivisione e gioia, un inno alla vita e alla sua irriducibilità.

* Ex calciatore professionista, scultore, impegnato da anni nei movimenti del consumo critico in Abruzzo e Molise, Michele Meomartino vive a Montesilvano (Pescara), in campagna, dove alterna il suo lavoro d’arte a quello di scrittore e organizzatore di eventi olistici.

Questo paragrafo (titolo originale La scelta vegetariana) fa parte di “Sogni condivisi. Idee, storie, testimonianze per una società conviviale” (Ed. Tracce, 12 euro, pag. 148).

 

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